giovedì 27 luglio 2017
venerdì 7 luglio 2017
Sottofasciasemplice! Tanti auguri al console rocker
7 luglio 2017 - Da oggi, chi vuole potrà scaricare o ascoltare in streaming dalla rete tutti gli album (oltre sessanta canzoni) di Sottofasciasemplice, lo storico gruppo rock di Mario Vattani, anche conosciuto con la sigla SFS.
E’ stato il regalo di compleanno che l’etichetta Rupe Tarpea Produzioni (RTP) ha voluto fare al diplomatico italiano, scrittore e musicista, originale sperimentatore che ha sempre incrociato più discipline, a cavallo tra Oriente e Occidente, disseminando il suo percorso di tracce preziose e suggestioni non conformiste.
Mario Vattani è un diplomatico che ha ricoperto incarichi di prestigio, ma per noi della RTP è soprattutto un artista a tutto tondo,che ha scelto tra tanti mezzi espressivi anche la musica, senza mai perdere il contatto con le immagini che essa dovrebbe riuscire a evocare.
Dal 2016, con il successo del suo romanzo “Doromizu. Acqua torbida” (Mondadori, 2016) ha aggiunto alla personalità di musicista anche quella di scrittore, pubblicando quest’anno un nuovo libro: “La Via del Sol Levante” (Idrovolante Edizioni, 2017).
Gambadilegno (1998), Perseo (1999), Crociato (2000), Idrovolante (2006), Filospinato (2007), Colonna Sonora (2016): da oggi anche programmi come Shazam riusciranno a riconoscere le canzoni di tutti questi album, musica dai toni duri, oscuri, visionari, che però lancia sempre un messaggio di liberazione. Sottofasciasemplice è un progetto che adatta la lingua italiana al ritmo tagliente della musica, con un approccio quasi teatrale. Nella composizione Vattani ha sempre ricercato la dissonanza, il suono distorto e poco definito, anche nella voce, e nella chitarra che suona come una sirena. E tutto questo nel auspicio del proseguio dell'avventura sonora di SFS...
Buon ascolto, e diffondete il verbo, condividete!
mercoledì 21 giugno 2017
ZETAZEROALFA - Morimondo
ZETAZEROALFA
– Morimondo –
RTP 2017 (By Attila)
Ho voluto attendere qualche settimana, poi divenute mesi, prima di parlare di “Morimondo” lavoro uscito non a caso di 21 aprile, giorno fatidico, e ad ora disponibile sia in formato CD digipak che digitale.. Sì, ho voluto attendere, perché dare giudizi imparziali su ZetaZeroAlfa é dura. Dopo averli visti praticamente nascere, crescere, evolversi e imporsi come progetto musicale ed entità politica, dopo bevuto, discusso e riso con loro in interminabili nottate e giorni caldissimi, mantenere l’imparzialità è difficile. Così come la paura per possibili delusioni, non che non avessi fiducia, ma sette anni dopo il precedente “Disperato Amore” sono tanti, soprattutto considerando quanto ho amato il disco del quintetto capitolino appena uscito. Volevo evitare il tiepido “interessante ritorno”, degno di un “le faremo sapere” che maschera un rifiuto alla fine di un colloquio andato male, così come, pieno di speranza come ero, non era necessario per me non avere toni da fanboy – attempato -. Ma quando ti trovi tra le mani un lavoro del genere, come si fa? Con un cavallo beffardo che ti guarda di sbieco, apparentemente sorridente dalla spiazzante, ma azzeccata copertina, curata da Vincenzo, chitarrista dei monolitici SPQR. Ma bando alle ciance…
Andiamo a cominciare
“E vedo solo luci blu”, è con queste parole che, dopo un breve intro, la voce di Sinevox da inizio alle danze con un pezzo che più che una canzone è un’esplosione, tanto complessa nella regia di cori e controcori, quanto efficace nel trascinarti subito in strada, fianco a fianco con chi ha fatto le tue stesse scelte, in uno scontro contro forze dell’ordine e orchi di vario genere. Punk rock melodico, potente e diretto, perfetto per raccontare scene di un conflitto privo di lacrime, se non quelle date dell’emozione di essere assieme ancora una volta. Racconti di amori barricaderi, fumogeni e cellulari, affrontati con il sorriso di chi ha un compito, un destino, una volontà.
Cambio di scena, “Il nome mio” irrompe con riff che rimanda agli Iron Maiden, in una interpretazione in chiave ZZA della migliore New Wave of British Heavy Metal. Un testo che richiama al sacro nome della nostra terra, in cui, si identifica chi ancora non si è fatto ingannare dalle lusinghe della globalizzazione. Il pezzo, un mid tempo con testo ben scandito e cori a cascata. ZZA ha solide radici nel punk, nel metal e nei dintorni, ma possiede una capacità compositiva e di arrangiamento che pesca a piene mani a grandi nomi del rock italiano (e non). Lo si era già detto per il precedente “Disperato Amore” e non posso che ripeterlo ascoltando il coro finale, un “OOOO” eroico cantato a squarciagola, che fa suonare le campane a chilometri di distanza.
Segue “Cresci Bene Giovinezza”, con aperture quasi brit pop, quello più buono e virile, con chitarre arpeggiate, mille voci che abbattono ogni muro e un testo che invita le nuove generazioni a essere protagonisti, credendo in sé stessi, senza perdersi e, soprattutto, evitando vittimismi. Questo è uno dei temi centrali del disco, che sembra compiere un taglio netto con decenni di testi segnati da piagnistei, prendendo le distanze dal costante senso di sconfitta tipici delle varie “all’insegna del cervo bianco”.
Proseguiamo. Un riff metallico, quadrato, come ai tempi di Kriptonite, ci riporta nel ’42 in picchiata con il 1° Stormo all’urlo di battaglia “GhereGhereGhez!” Poche frasi che colpiscono frontalmente, un coro ancora una volta esaltante, per un coinvolgente trionfo di potenza.
E ora sedetevi tutti e preparatevi a cavalcare con “Morimondo”, title track del nuovo lavoro di ZETAZEROALFA e, per quel che mi riguarda, il momento più alto del disco. Sinevox canta come non ha mai cantato, a pieni polmoni, ma tranquillo, melodico, convincente, accompagnato dalle voci dei suoi fratelli in un inno alla “Nostra signora libertà”, libertà vera, fatta di spirito e carne, libertà che è regno interiore e impero vissuto nel quotidiano, una libertà compresa e incontrata ogni volta che ci ti guardi allo specchio e ti rispecchi in chi ti accompagna e ha il tuo stesso sguardo. Siamo in puro country punk, di altissima levatura, epico, emozionante, potente. Vorrei ore di musiche così, se abbiamo avuto Morricone, possiamo anche impegnarci per andare in questa direzione.
La seguente “A Difesa Della Torre” ha l’arduo compito di dover pareggiare quanto appena descritto, ma riesce senza difficoltà, con un raro esempio di “rock totale” dove la chitarra solista di Dr. Zimox, mai così presente come in questo lavoro, è sempre azzeccata, tanto da costituire uno degli elementi essenziali di tutto “Morimondo”. Un testo perfetto, cantato con calma e ispirazione, per una narrazione melodica che conduce a un singalong a orologeria sino a un finale condito da assolo finale firmato Tucano e dove tutto sa di tempesta.
Dopo tanta emozione, una breve introduzione mediorentaleggiante introduce “Per La Siria! Per Assad!“ Chitarre quadrate, un testo esplicito in favore della Siria di Assad, piagata da anni di guerre finanziate da potenze occidentali in nome delle cosiddette primavere arabe, autunno delle coscienze e che ha portato a un lungo inverno sotto il vessillo corrotto di una forma blasfema dell’Islam. Ospiti di riguardo i compagni d’etichetta Fantasmi del Passato.
Un riff di chitarra bizzarro che sembra un organetto ironico, accompagna un ritmo saltellante, la voce scanzonata che riporta in piazza come in “Luci Blu”, prima che le file si compattino, e parta altro coro esaltante da urlo “Marcia oppure crepa, leone anziché preda”, non c’è tregua, ci si deve esaltare ancora, la tensione non finisce, si va avanti sino all’ennesimo benvenuto assolo che sottolinea accompagnato dalla sezione ritmica (dei soliti John John Purghezio e Atom Takemura) e dalla seconda chitarra di Joey Tucano. Un inciso merita il lavoro di Joey Tucano anche alla consolle di produzione, che ha reso questo disco come se fosse un prodotto da major, dove tutto appare come si deve sentire e arricchendo di dettagli che fanno di Morimondo un lavoro completo e, mi si perdoni il termine, professionale.
Con un titolo criptico “Zen Serendepico Zen” e un testo ermetico ci si lancia nella mischia liberatoria con un pezzo di puro street punk, corale, travolgente, provocatore di rovine e calche infinite sotto (e sopra) il palco. Un’altra perla destinata a provocare tanti lividi. Un riff di chitarra bizzarro che sembra un organetto ironico, accompagna un ritmo saltellante, la voce scanzonata che riporta in piazza come in “Luci Blu”, prima che le file si compattino, e parta altro coro esaltante da urlo “Marcia oppure crepa, leone anziché preda”, non c’è tregua, ci si deve esaltare ancora, la tensione non finisce, si va avanti sino all’ennesimo benvenuto assolo che sottolinea accompagnato dalla sezione ritmica (dei soliti John John Purghezio e Atom Takemura) e dalla seconda chitarra di Joey Tucano. Un inciso merita il lavoro di Joey Tucano anche alla consolle di produzione, che ha reso questo disco come se fosse un prodotto da major, dove tutto appare come si deve sentire e arricchendo di dettagli che fanno di Morimondo un lavoro completo e, mi si perdoni il termine, professionale.
Oltre il gruppo, oltre la musica
ZZA è sicuramente composto da talentuosi strumentisti e un carismatico cantante, ma è prima di tutto una COMUNITÀ. Lo si era già visto nel folle esperimento DRUMO e fa piacere vedere tante facce vecchie, ma soprattutto nuove apparire anche in “Morimondo”. Penso Bronson, Blind Justice e Fantasmi del Passato, presenti in gran parte dei cori.
Ma negli ultimi pezzi, gli amici invitati lasciano una traccia indelebile aggiungendo il proprio stile, aiutando ZZA a comporre pezzi come “Sotto Bandiere Nere”, dove la crew di hiphop nonconforme, Drittarcore, inserisce testi e rime su un pezzo metallizzato, nonché Lebensessenz che, con la sua “La grande visione, ci regala una sua personale interpretazione intimista della title track, fortemente in debito con certa musica minimalista.
Ma negli ultimi pezzi, gli amici invitati lasciano una traccia indelebile aggiungendo il proprio stile, aiutando ZZA a comporre pezzi come “Sotto Bandiere Nere”, dove la crew di hiphop nonconforme, Drittarcore, inserisce testi e rime su un pezzo metallizzato, nonché Lebensessenz che, con la sua “La grande visione, ci regala una sua personale interpretazione intimista della title track, fortemente in debito con certa musica minimalista.
Dopo 7 anni, tutto poteva succedere. Evoluzioni, sperimentazioni, naturali distrazioni dal solco tracciato dai lavori precedenti. Invece, ZZA è tornato presentandosi come quando ci ha lasciati, ma con nuovi suoni, nuove idee, nuove ispirazioni. Lo fa senza tradirsi, citandosi in più occasioni ma senza plagiarsi o rendersi ridicoli. ZZA cresce bene, non invecchia mai e si impone come macchina da guerra, carro armato sonoro che sa essere allo stesso tempo impegnato, scanzonato, determinato, puro, potente e divertente. Saper dipingere in vari stili non è da poco. ZZA si conferma avanguardia sonora, con radici in 30 anni di storia in un crossover di contaminazioni che passano da punk, metal, rock italiano, influenze morriconiane e inserimenti elettronici, hop e così via, in una fusione di musica totale che, se inserita nei giusti canali, potrebbe fare tanti danni all’ordine mentale costituito. Un disco importante, con un messaggio che parla alle nuove generazioni, mentre da conferme a chi è a cavallo ormai da tante primavere e non intende farsi disarcionare dalla vita sino a quando ci sarà quella libertà che ci prendiamo ogni giorno.
venerdì 20 maggio 2016
SPQR - Invictus
SPQR Invictus - (CD - RTP 2016)
Non è passato molto dall'uscita di
Invictus, l'ultimo lavoro della furia hardcore capitolina. Se non si fosse
capito stiamo parlando degli SPQR, il gruppo nato dalle ceneri di Londinium
Spqr (e che non ha alcun legame con il movimento degli Spqr Skins) che ci ha donato in passato altri tre
lavori: nell'ordine lo split con i Faustrecht, quello con gli Hate For
Breakfast “Play Hardcore or Die” (probabilmente tra le migliori uscite dell'HC
nostrano) e la compilation World Wide War. Ebbene, nonostante i tanti anni di
attività “Invictus” è il primo full lenght della band contenente 10 brani e
tanta attesa non tradisce assolutamente le aspettative. Il marchio di fabbrica del gruppo, ovvero le ritmiche granitiche , la voce serrata ed
incalzante ed un muro sonoro senza eguali trovano nuova linfa vitale a fronte
di una produzione eccellente, una più complessa composizione dei brani e ad un
nuovo cambio di formazione. Si va dagli strumentali (Ad Arma, che apre l'album
come se fosse l'inizio di una guerra, e l'orchestrale outro Victoria, che ne
segna la conclusione e la vittoria della stessa) passando per le pesantissime
“Scudo e Spada” e “Il Tempo del Sangue”, dove riff lenti e testi che suonano
come proclami scandiscono i tempi del cd, fino ad arrivare a brani dal sapore
Thrash di Slayeriana memoria (Distruzione Nazionale, H.L.V.A.). Il brano
migliore, a gusto di chi scrive, è “E.U.sura”, un vero e proprio proclama di
condanna contro la burocrazia Europea che succhia il sangue delle nazioni e dei
popoli del vecchio continente. Il brano si apre con un riff incalzante e la sua
evoluzione fa da perfetta cornice sonora ad un paesaggio quasi
post-apocalittico descritto nel testo (“guardati intorno è la devastazione,
saracinesche chiuse e frustrazione”), concludendosi con un riff/assolo melodico
e scuro di ispirazione Black Metal che ricorda le migliori tradizioni
scandinave, rimandando a band come i Dissection. Infine un grande valore
aggiunto al cd è la cover di “Giustizia Sociale” dei Peggior Amico, omaggio al
cantante Caio che ci ha lasciato da ormai tre anni e alle radici musicali della
band che affondano nel rac di quegli anni. All'interno del concept la scelta
del brano è perfetta: tutto invictus rappresenta un vero e proprio inno alla
Nazione ed una chiamata alle armi verso i suoi nemici, nel nome di una
giustizia sociale distrutta da 70 anni di repubblica italiana e di burocrazia
europea. Se per qualche motivo vi siete persi questa uscita targata Rupe
Tarpea, non tardate ulteriormente ed assicuratevi di procurarvela acquistando
il cd dall'etichetta, direttamente dal gruppo ai concerti (prossimo dei quali
sarà a Tana delle Tigri a Roma il 21 Giugno), da “la testa di ferro” e da tutti
i portali di distribuzione di musica non conforme presenti sul web.
Alessandro Bandini
domenica 31 gennaio 2016
Il 2015 di Rupe Tarpea
Una veloce rassegna delle uscite Rupe Tarpea del 2015 eV, anno prolifico e
denso di soddisfazioni. Come sempre per ordini, info e richieste di
distribuzione contattare perimetros@gmail.com
Rtp091 - SKOLL – Il sogno di Mishima, CD. L’attenzione di Skoll a Yukio Mishima è nota, spaziando nel tempo dalla musica agli scritti. “Il Sogno di Mishima” raccoglie in una sorta di personale tributo tutte le canzoni che negli anni Skoll ha dedicato a Mishima in vari lavori, rimixate in una nuova veste, più vicina al suono attuale e completate dall’inedita “Il Sogno Di Mishima”.
Rtp092- BRONSON - Roma Tiger Punk, CD. Secondo
lavoro del gruppo romano, dettato da una sana irruenza nel fare all’insegna del
“chi si ferma è perduto”. Punk, melodia, sfrontatezza, stare sul pezzo. Dopo la sorpresa ed il successo di “Bronson”, “Roma
Tiger Punk” è la conferma di uno stato di grazia dove si fondono energia, freschezza e tecnica, per un gruppo che ormai è garanzia.
Rtp093 - HOBBIT - “Di qui non si passa”,
CD. La storia degli Hobbit si intreccia con quella della nostra etichetta da
ormai venti anni confermandosi ad oggi
il gruppo più longevo della label. “Di qui non si passa”, quarto album, tributo
all’Italia della Vittoria, vede un nuovo
cambio di formazione dove il gruppo riscopre il piglio punk degli esordi unito
a una tecnica e ad un piglio invidiabili, per quello che forse è il lavoro più
ricco e “denso” di sempre.
Rtp094 - SKOLL – Marmofuoco CD. Ebbene si, in
quest’anno il prolifico Skoll si è
prodotto in ben due lavori. Marmofuoco è un ulteriore passo nella maturazione
di un suono personale, un lavoro appassionato e appassionante interamente dedicato a celebrare i 100 anni
dall’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, dove la capacità di descrivere la
storia dalle singole storie, si riafferma prepotente ed epica.
Vinile
Rtp087 Vin13 – BRONSON “Bronson”
Rtp092 Vin14 – BRONSON “Roma Tiger Punk”
Dalla collaborazione con la tedesca Dim Records ecco le
versioni in vinile dei due album di Bronson, in nientemeno 4 tipi di vinile
diverso, ovvero, per ciascuno dei due lavori
Vinile nero 180gr in 300 copie, vinile verde 150 copie,
bianco 150 copie, rosso 150 copie
Rtp004 Vin15 - INTOLLERANZA – Tutti
All’Inferno LP. Come promesso, dopo il 45 ecco LP... Rupe Tarpea iniziò nel
1993 ma fu nel 1995 con l’uscita del CD di Intolleranza che l’etichetta prese
il suo spazio. A distanza di venti anni si celebra questa uscita con un sontuoso
vinile firmato a tre assieme a Blackshirts rec. ed Extremo Occidente. Cover
extra lusso con disegno laminato, RTP firma le 200 copie nere in vinile pesante
180 gr. 200 copie in vinile bianco per BSR e 200 copie in vinile rosso per DEO.
Imperdibile per chi c’era e per chi c’è.
giovedì 15 ottobre 2015
HOBBIT - Di qui Non Si Passa
HOBBIT - "Di Qui Non Si Passa" (CD , 2015 RTP)
"Se cambia la musica, cambieranno anche le
istituzioni": con questa frase del filosofo Platone inizia l'ascolto del
nuovo lavoro degli Hobbit dal bellicoso titolo "Di qui non si passa",
quarto album di studio per la band di origini perugine attiva dal 1994, uscito
il 27 giugno 2015. I nostri, dopo un'esperienza ventennale, sono arrivati a
sfornare un nuovo attesissimo capitolo con testi carichi di grinta, speranza,
poesia e una pura attitudine rock. "Di qui non si passa" è un concept
album dedicato alla nostra terra, forse il lavoro meno politico e militante
degli Hobbit, ma il più concentrato su temi storici e patriottici. Il disco si
apre con la title track, che altro non è che il motto degli Alpini coniato dal
generale Luigi Pelloux, dal sound molto cadenzato e pesante che si trasforma in
un ottimo hard rock d'oltreoceano. Si prosegue con la speranzosa "L'alba
verrà", dove si fanno notare le chitarre della prima scuola heavy metal
tricolore: Strana Officina e Vanadium su tutti. "Vieni con noi" è il
classico brano melodico, pieno di armonia e dalle sonorità poppeggianti. La
classica canzone dal sound semplice ma curato, che potremmo tranquillamente
sentire per radio, se solo non avesse un chiaro messaggio "contro la
droga". Si continua con la ballad "Ancora qui", un brano
difficile che ha l'arduo compito di parlare dei militanti caduti nei duri
scontri durante gli anni di piombo. La canzone è la dovuta continuazione di
"HL78". Verso metà album si ha "Italia": vera e propria
poesia dedicata dagli Hobbit stessi alla nostra madrepatria (in cui, a tratti,
ricordano i Gesta Bellica). Azzeccata la backing vocal femminile, ottime le
chitarre di chiusura in puro stile heavy rock sull'ultima strofa recitata in
latino. Il lavoro prosegue con "Uomo seriale", dalla melodia malinconica,
dove si scatta una rapida istantanea della società odierna e della sua
inesorabile decadenza umana e spirituale. Il disco si riprende di sound e
speranza con "Scala a colori", che è una canzone d'amore ritmata da
una batteria scandita e un riff accattivante. L'alterego di "Donna alla
moda". L'ottava traccia è "A.T.A." (Alto Tasso Alcolico), brano
con un testo goliardico di puro punk 'n' roll spensierato e trascinante
dominato da cori coinvolgenti. Si arriva al brano "Ardite schiere",
dalle chitarre folk e ritmo di batteria calzante, quasi un tributo alla musica
popolare italiana. Successivamente è la volta di "European
brotherhood", penultima traccia dell'album, brano di grande qualità sia
musicale, sia compositiva, dove gli Hobbit danno il meglio di sé. Si giunge
alla fine con "Per la nazione", cover di "Wir ham' noch lange
nicht genug" dei tedeschi Böhse Onkelz col testo adattato di "Es por
tu nación" degli spagnoli Klan, resa famosa dai División 250. Uno dei
miglior brani del lotto, talmente carico di adrenalina che difficilmente non lo
canterete a squarciagola ai concerti! Nel complesso, "Di qui non si
passa", rimane un eccellente lavoro degli Hobbit, curato in maniera
meticolosa sia a livello sonoro, sia a livello compositivo. Dettagliato nella grafica
di copertina e del booklet che lo rende piacevole da sfogliare e leggere, pieno
di citazioni, testi, foto, crediti e illustrazioni varie. Un disco maturo, con
sonorità forse più ritmate e testi non banali, che conferma gli Hobbit come uno
dei migliori gruppi di rock identitario italiano. Come sempre l'album è stato
prodotto da Rupe Tarpea Produzioni su CD, che anche a questo giro piazza un bel
colpo e ci regala quarantacinque minuti pieni di emozioni, pathos e poesia in
puro stile rock 'n' roll e spirito patriottico.
Eugenio Nardi / Archivio Non Conforme
giovedì 1 ottobre 2015
CORAZZATA VALDEMONE - intervista
Quando si parla di progetti post-industrial e neo-folk, si
schiudono finestre che danno su un mondo estremamente complesso. Un neofita può
rimanere più che confuso da un ambiente polimorfo dove sembrano non esistere
certezze e dove tutto quello che vedi non è ciò che sembra. Apparenti
contraddizioni convivono sotto uno strano paralume di
provocazione/sperimentazione, dove personalità complesse minano l'immagine
dell'artista/musicista “classico”, spesso con risultati interessanti (quando
funziona) o esilaranti (quando va male). Di tutto è stato scritto su questo
ambiente dove i meno attenti possono facilmente fraintendere le intenzioni di
gruppi e l’unica possibilità per sopravvivere è lasciarsi coinvolgere a livello
inconscio o fuggire a gambe levate.
In questo calderone di confusione estetica, un progetto che
sicuramente ha fatto parlare di se negli ultimi anni (in bene e in male) è
Corazzata Valdemone. Creatura sorta in quel di Milazzo contrassegnata da un
approccio sonoro ed estetico intransigente che ha destato attenzioni
in molti e provocato grandi dolori di fegato ad altri, ma, come si suol dire,
non si può accontentar tutti.
Dopo inizi un po' incerti, la Corazzata si è evoluta sino ad
imporsi con lavori della portata di "Avanguardia Rumorista" e il recente "Stornellando in grigio verde", album che presentano un riuscito crossover
di sonorità marziali molto spesso declamate in italiano, pezzi elettro-acustici
e ballate strappalacrime. Non mancano momenti sperimentali dove vengono
utilizzati strumenti autocostruiti e artigianali che rappresentano un tentativo
di creare suoni propri che non sempre riesce a tutti.
L'estetica della Corazzata è un pugno in faccia, una
dichiarazione di forza e volontà che non esclude humour nerissimo con packaging
limitati bizzarri ed espliciti riferimenti al ventennio.
Ma di questo e tanto altro, ci parlerà Gabriele, mente e
corpo del progetto.
Iniziamo questa
chilometrica intervista con una domanda che mi sono fatto appena incrociato il
nome del tuo progetto. Corazzata Valdemone non è soltanto un moniker che evoca
volontà di potenza o qualcosa che ti schiaccia come un rullo compressore, ma ha
anche un significato legato strettamente alla tua terra di provenienza.
Illuminaci su questo argomento per favore.
Quando decisi di mettere in piedi questo progetto desideravo
un moniker che dovesse racchiudere in se tutti gli aspetti principali della mia
musica. Innanzitutto volevo che ci fosse un riferimento territoriale con i
luoghi in cui vivo, cioè la Sicilia, e scelsi il termine Valdemone con cui era
chiamata anticamente la parte ad est dell'isola. D'altro canto volevo un nome
che suonasse molto pomposo, altisonante e bellicoso e scelsi il termine
Corazzata. Dall'unione dei due termini scaturisce un senso di mistero lasciando
pensare a chissà quale residuato bellico e penso che sia il nome ideale per un
progetto come il mio.
Chi è e cosa intende
dire e fare la Corazzata Valdemone. Raccontaci chi è la sua mente e illustraci
chi sono stati i tuoi collaboratori principali almeno negli ultimi anni.
La Corazzata nasce nel 2003, in un periodo in cui la scena
Martial/Industrial era al suo apice creativo, ma ho sempre trovato un po'
contraddittorio vedere che gente come Von Thronstahl, Les Joyeaux de la
Princesse o Toroidh utilizzassero un'estetica fortemente militaresca associata
a dei suoni orchestrali che - per quanto pomposi - erano tutto sommato docili e
molto atmosferici.
Trovavo che queste tematiche necessitassero di maggiore
foga, irruenza e soprattutto rumore, così decisi di mettere in piedi questo
progetto per tradurre in musica la vera essenza della guerra. Nel primo periodo
della mia discografia ho dato parecchia attenzione alla fusione di musica,
voci, samples e campionamenti di battaglia in modo che potessero risultare come
un unicum e - riprendendo un passaggio del manifesto della Corazzata - che le
parole si facessero musica e la musica portasse con se un messaggio nitido ed
inequivocabile.
Riguardo alla seconda parte della tua domanda c'è da dire
che la Corazzata è nata come un progetto solista e così è sempre rimasto fino
ad oggi. Ho avuto moltissime collaborazioni delle quali porto un bel ricordo,
ma quelle che ricordo con maggior affetto sono Deviate Damaen, Sigfried, che
ho avuto anche il piacere di avere sul palco al release party di Stornellando
in Grigioverde il 1 marzo scorso, insieme a Stefania D. ed il grande John Purghezio
degli Zetazeroalfa. Ad ogni modo il ringraziamento più grande va al mio
principale collaboratore ed amico storico Carlo Carbone degli Art Inferno che è
sempre stato presente durante tutta la mia crescita artistica e che ha firmato
diversi dei più bei brani della mia discografia.
Riguardo alla mente che sta dietro al progetto non credo che
possa essere interessante sapere cosa faccio nella vita di tutti i giorni o che
piatti preferisco mangiare. Io sostengo che un artista non bisognerebbe mai
conoscerlo fino in fondo, dunque preferisco che la gente che mi segue idealizzi
l'immagine di me che preferisce.
Il progetto esiste da
tanti anni ormai, ma l'evoluzione degli ultimi anni, musicale ed estetica è
stata impressionante. Composizioni, grafiche e suoni sono radicalmente
migliorati. Come pensi sia avvenuta questa crescita?
Ti ringrazio per le belle parole, è semplicemente successo
che ad un certo punto del mio percorso musicale ho smesso di campionare vecchie
registrazioni di canti di guerra ed ho iniziato a risuonarli io...
Fondamentalmente si tratta di un approccio alla melodia che avevo già
sperimentato - seppur in modo abbastanza acerbo - ai tempi dei Kannonau e che
adesso ho provato a riproporre con maggiore cognizione e perizia. Con gli anni
ho iniziato ad acquisire anche una maggiore dimestichezza con strumenti
analogici ed ho iniziato a ripulire le mie composizioni che, per quanto
affascinanti, meritavano di essere arrangiate e realizzate con maggiore
professionalità. Sono sempre stato convinto che con metodo, ordine e pazienza
si possano ottenere grandi risultati, così per la musica come per le grafiche,
ed ho iniziato a dedicare molta più attenzione ai miei lavori, cercando - nei
limiti del possibile - di non farmi prendere dalla frenesia e riflettendo a
lungo sulle mie realizzazioni, finchè non ne sono totalmente soddisfatto.
Solitamente ho sempre curato personalmente le grafiche dei
miei lavori, ma su "Avanguardia Rumorista" ho ceduto volentieri il
compito a Nickolay Busov della UFA Muzik che è un grafico professionista ed è
inutile dire che sono assolutamente soddisfatto del risultato finale. Dopo
quell'episodio è venuto il turno di "Stornellando in Grigioverde" per
il quale sono tornato ad occuparmi personalmente dell'artwork, che desideravo
potesse mantenere uno standard qualitativo all'altezza del precedente. Mandai
la prima bozza ai ragazzi della Wolf Age che - pur apprezzando - mi spinsero a
rifare, migliorare, affinare e rivedere ben 7 differenti grafiche fino a quella
che è divenuta quella ufficiale. Oggi ci tengo a ringraziarli pubblicamente per
la pazienza e la tenacia.
So che nel tempo
libero, ti diletti nella costruzione di strumenti a molla e altre diavolerie
sonore, alcuni dei quali ora in possesso di famigerati musici industriali.
Parlaci di alcuni di questi esperimenti, come li hai realizzati? con che
materiali ti piace lavorare? (aggiungi materiale iconografico)
Si è vero, sono molto affascinato dalle fields recording,
dai campionamenti ed anche dalla realizzazione di strumenti artigianali che mi
diletto a costruire nel tempo libero. Si tratta di strutture molto semplici con
molle di diverse lunghezze e durezze, alcuni thunder maker ed altri oggetti che
mi piace costruire per ottenere suoni abbastanza personali.
Una delle mie prime realizzazioni si chiama
"Tremerario" e si tratta di uno strumento realizzato con diverse
molle collegate tra di loro per dare una maggiore risonanza. Si tratta di un
oggetto a metà strada tra un opera d'arte contemporanea ed uno strumento vero e
proprio del quale ne esistono solo 2 esemplari, uno dei quali in dote ad un
musicista di Como, mentre un'altro strumento per certi versi simile è finito tra
le mani di Piero Stanig aka Naxal Protocol (ex Cazzodio).
Si tratta di oggetti molto semplici, nulla di
trascendentale, ma il suono della ferraglia ha un fascino irresistibile anche
senza alcun tipo di effettistica...
Come sei giunto a
questo genere di sperimentazione sui materiali? Forse a un senso di
riappriopriazione di una dimensione più fisica del suono in un momento in cui i
software synth e la musica intangibile in generale spopola?
La tua interpretazione è molto interessante e penso che a
livello inconscio sia sicuramente una buona lettura. Ho sempre odiato quelle
bands, soprattutto in ambito marziale, che utilizzano suoni freddi analogici o
loop infiniti, mentre invece ho sempre ammirato gente come Einsturzende
Neubauten che invece sperimentano con tutto quello che gli capita sotto mano...
in fondo la nostra è una scena "Industriale", bisogna pur sporcarsi
le mani, no? In un mondo in cui tutto è di plastica, seriale, standardizzato ho
pensato che realizzare qualcosa di unico potesse aiutarmi a forgiare un suono
personale che nessun synth o vst potrà mai riprodurre.
Parliamo del tuo
ultimo lavoro "Stornellando in Grigioverde". Da cosa nasce il concept
e come si è sviluppato. Noto riferimenti alla prima guerra mondiale di cui cade
oggi il centenario. Che aspetti volevi presentare nella tua opera?
Stornellando in Grigioverde è un lavoro molto concettuale
che non mi spingo a definire concept album, ma nel quale ho provato a
focalizzare l'attenzione sul tema della Grande Guerra di cui - come anticipavi
- quest'anno ricorre il centenario dell'entrata dell'Italia nel conflitto.
Alcuni brani trattano tematiche differenti, ma il tema dominante è quello della
prima guerra mondiale, di cui non ho cercato di idealizzare una figura
romantica come hanno fatto in passato artisti ben più bravi di me, ma mostrando
il lato ardito e valoroso dei soldati che hanno combattuto in condizioni
disumane ed hanno servito la Patria con devozione e convinzione fino alla
vittoria. L'episodio che amo maggiormente è Memorie, in cui è possibile
ascoltare le registrazioni di due poesie recitate a memoria da una donna di 106
anni che ha vissuto entrambe le guerre mondiali e che oggi non c'è più.
Rispetto al
precedente Avanguardia Rumorista sembri concentrarti maggiormente, e mi permetto
di dire con ad atmosfere più percussive e militaresche, piuttosto che l'aspetto
melodico con cui hai segnato pezzi memorabili. Come mai questa scelta?
Da Avanguardia Rumorista ho iniziato a concepire brani che
avessero una struttura definita secondo una forma-canzone, dunque è ragionevole
dire che Stornellando in Grigioverde ne sia la naturale evoluzione, ma per
quanto riguarda le atmosfere ho momentaneamente accantonato le parti melodiche
che avevano caratterizzato brani come Gorizia, in favore di altri più
aggressivi e rockeggianti come Risorgere! o The March of Fire dove fanno bella
mostra le chitarre elettriche. L'influenza di Varunna e Blood Axis è
evidentissima su questi brani, ma ho cercato di rendere il lavoro molto vario
inserendo brani marziali, alcune parti liriche e le immancabili parti rumoriste
che hanno caratterizzato fino ad oggi tutti i miei lavori. La scelta dei brani
che compongono i miei album fino ad oggi è stata molto casuale, dunque era
possibile ascoltare in sequenza un brano melodico e un noise uniti tra di loro
solamente da un discorso concettuale; sull'ultimo album ha influito molto
l'aspetto lirico ma dai prossimi lavori cercherò di seguire uno stile comune a
tutti i brani, raccogliendo solo brani "musicali" o solo brani Industrial
a seconda del tipo di album.
Parlando del passato,
"Avanguardia.. " si apriva con una clamorosa versione di
"Gorizia". Parlaci di questo canto, da dove nasce l'idea, ecc. La
voce ha un'impostazione diversa dal solito...
Gorizia è uno dei brani a cui sono maggiormente affezionato
ed ho deciso di reinterpretarla anche per via della sua storia molto
interessante. Nato come canto alpino della prima guerra mondiale, ebbe numerose
reinterpretazioni e rivisitazioni, una delle quali a mano di quella fazione di
soldati che contestavano i generali che li mandavano a morire, così questa
versione divenne presto popolare tra i disertori e negli anni a venire
comparirà spesso tra i canti anarchici. Io ovviamente ho preferito riproporre
la versione originale, arrangiata e suonata da Carlo Carbone mentre riguardo
alle vocals ho deciso di adoperare una timbrica decisamente inusuale ed
inaspettatamente melodica rispetto alle mie produzioni passate. Quando decisi
di reinterpretare questo brano non sapevo come avrebbero potuto rispondere le
persone che seguono la mia musica, ma oggi penso di poter dire che sia uno dei
brani più rappresentativi della mia discografia. Il 24 maggio scorso, in
occasione del centenario dell'entrata in guerra dell'Italia, i ragazzi di Casapound
hanno organizzato una commemorazione al sacrario di Redipuglia, durante la
quale hanno riprodotto questo brano insieme ad altri attinenti e per me è
motivo di grande orgoglio.
La Corazzata Valdemone attinge a piene mani dal Fascismo,
questo è chiaro come il sole, ma il mio approccio alla materia è da
considerarsi più nostalgico che altro, nel senso che non ho mai fatto nessun
tipo di propaganda politica perché ritengo che il Fascismo dal quale traggo ispirazione è morto nel 1945.
Detto questo è chiaro che - per rispondere alla tua domanda - col mio progetto
sono più interessato alla storia che alla politica.
Ne consegue che in una scena popolata di anarchici,
sovversivi e sbandati mi sia creato una cerchia di nemici agguerritissimi che
mi hanno sempre intralciato e osteggiato in tutti i modi, ma mi consolo
pensando che se avessi voluto il consenso di tutti avrei fatto musica pop, no?
Il concerto al Circolo Futurista ha una storia abbastanza
esemplificativa di come funzionano i locali in Italia. Il boss della Scorze
Rec. stava organizzando una serata noise al Dal Verme di Roma con Fukte,
Autocancrena e Corazzata Valdemone. Il problema sorse a 10 giorni dal concerto,
quando il proprietario del locale si rifiutò di farmi suonare nel suo locale
coprendomi di insulti e citando tra i vari problemi la mia amicizia virtuale
con i ragazzi del Circolo Futurista, così mi rimboccai le maniche, contattai i
ragazzi del Circolo e gli proposi di andare a suonare da loro la stessa sera
come risposta.
In Italia i circoli Arci, le associazioni culturali e buona
parte dei locali pratica questo tipo di politica nella scelta delle bands che
possono suonare dal vivo e lo possiamo notare dalla qualità infima della musica
dal vivo nel nostro paese.
Esiste ancora un modo
di fare provocazione intelligente oggi ed esiste un confine definito tra
provocazione e ideologia?
La provocazione è una delle poche armi che riesce ancora a
destare il pubblico dal torpore indotto dal bombardamento mediatico di
televisioni, internet e pubblicità. Ogni giorno è sempre più difficile stupire
o scandalizzare la gente che è sempre più abituata agli eccessi o a finte
provocazioni studiate dai professionisti del marketing. Una volta bastava una
tetta nuda per destare scalpore mentre oggi è tutto più complicato e non so
proprio dirti se esista ancora un modo di stupire intelligentemente senza
sfociare nel cattivo gusto e nella politica.
Personalmente me ne infischio sia del buon gusto che del
politically correct ed ho sempre fatto quello che ritenevo più interessante,
che si tratti di grafiche, foto promozionali o packaging dei miei lavori.
Qualcuno ha detto che
la politica è la forma più alta di arte. Cosa ne pensi?
Penso che la politica sia una forma mentis e che vada
portata avanti con convinzione in qualsiasi cosa si faccia. Comprare una
macchina è politica, fare la spesa è politica, fare l'amore è politica. Ogni
nostra scelta dipende da una convinzione e non ultima anche l'arte è politica.
Anzi, in riferimento alla tua domanda, mi viene proprio da pensare che sia il
contrario e che l'arte sia la forma di politica più alta, in quanto capace di
orientare le masse.
Al di fuori del tuo
progetto principale hai fatto diverse collaborazioni con nomi più o meno noti
dell'ambiente sperimentale. Quali sono state le esperienze più interessanti e
quali saranno le prossime?
Oltre a Corazzata Valdemone ho recentemente dato vita ad un
nuovo progetto chiamato Solco Chiuso dove ho ripreso a suonare Industrial/noise
per compensare gli ammorbidimenti stilistici della Corazzata ma senza alcun
tipo di riferimento alle tematiche totalitarie di questo progetto.
Con questo nuovo progetto ho avuto la possibilità di collaborare
con amici ed artisti che - per ragioni ideologiche - non avrebbero avuto nulla
a che fare con Corazzata, così ho finalmente avuto il piacere di collaborare
con eccellenze della scena italiana. Il debutto dovrebbe essere disponibile in autunno per una neonata
label francese.
Oltre questo c'è in pentola un nuovo progetto molto
interessante nel quale sono coinvolto ma del quale non voglio svelare il nome finché
non sarà tutto pronto. Il debutto ufficiale dovrebbe uscire entro la fine
dell'anno e vedrà la partecipazioni di numerosi nomi illustri della scena
internazionale.
In generale, quale è la situazione attuale dell'underground in Sicilia al momento? Ricordo una scena metal spaventosa a Catania
negli anni 80/90 e altri progetti interessanti anni dopo.
La scena underground siciliana - special modo quella metal -
è sempre stata di altissimo livello, basti pensare a nomi come Schizo, Sinoath,
Mondocane, Journey through the dark (poi Art Inferno), Bunker 66 e tante altre
formazioni che hanno fatto la storia della musica estrema nazionale, mentre
riguardo a sonorità a noi più vicine il discorso cambia drasticamente e si crea
il vuoto assoluto. Qualche artista interessante a Palermo nella scena ambient
ma nulla più.
Senza cadere nei
maledetti stereotipi su mafia, ecc. mi chiedo come sia la vita di un progetto
particolare come il tuo in una terra come quella in cui vivi. Quali le maggiori
difficoltà?
Riguardo alla musica gli stereotipi su mafia e criminalità
non hanno influenza, ma in generale posso dirti che vivere in un luogo dove sei
costretto ad ordinare per posta tutti gli strumenti perchè non ci sono negozi
specializzati, non ci sono locali per ascoltare qualcosa di interessante o per
conoscere gente che condivide i tuoi stessi ascolti è duro. Quando trovo
persone che ascoltano i miei stessi generi mi sembra un evento eccezionale
mentre invece in altri posti è semplicemente la normalità. Anche a livello
tecnico è molto più complicato riuscire a risolvere problemi tecnici con
persone che non condividono i miei stessi problemi perchè estranee al genere.
Di contro c'è da dirsi che vivere lontano dalla cosiddetta
scena mi evita molte rotture di scatole, ipocrisie inutili e mi solleva
dall'odiare apertamente molta gente.
Cosa bolle in pentola
per la Corazzata Valdemone?
Oltre alle collaborazioni "extra coniugali" di cui
ho accennato, con Corazzata sono già al lavoro sui nuovi brani che andranno a
comporre il prossimo album. Si tratta di una sorta di tribute album nel quale
voglio coverizzare diversi canti, stornelli e canzonette che mi hanno
influenzato in questi anni, rileggendoli in chiave moderna. Per l'occasione sto
valutando la collaborazione di diversi musicisti che possano aiutarmi a suonare
dal vivo la maggior parte degli strumenti. Parallelamente sto per finire una
suite Industrial di circa mezz'ora che dovrebbe apparire per fine anno su uno
split cassetta con uno degli artisti Italiani più importanti della scena
Industrial. Presto maggiori informazioni!
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